Marche Cucina Contadina
Odi greggi belar, muggire armenti

Il rumore della nuova industrializzazione sembra voler soffocare la voce antica e sommessa della campagna, una voce che è quella del vento, degli uccelli, del bestiame al pascolo: sempre più difficili da sentire, questi suoni si possono incontrare sui sentieri che portano alla riscoperta della vita genuina, dei sapori tradizionali e della buona tavola. L’allevamento è attività da sempre presente nelle Marche, e trova ancora oggi spazio nell’economia e sul territorio, portando nelle cucine prodotti eccellenti, espressione di un forte legame con la tradizione. Dall’allevamento ovino provengono pregiati pecorini. Da provare quello dei Monti Sibillini, un tempo preparato esclusivamente con latte di pecora Sopravvissana, razza autoctona oggi quasi scomparsa; ormai rarissima è anche la pratica di aromatizzare il formaggio con erbe locali, una pratica ancora utilizzata nella lavorazione del pecorino in botte, tipica del nord della regione: in questo caso le essenze non vengono aggiunte al latte o al caglio, ma sono poste nelle botti dove i formaggi vengono stagionati. Altre varietà di pecorino maturano, sempre nelle botti, avvolte in foglie di noce o di castagno, oppure disposte a strati alternati con vinacce. Decisamente particolare è il formaggio di fossa di Talamello, ribatezzato “ambra” dal poeta Tonino Guerra: il colore dorato della crosta, screziato dal chiaroscuro delle muffe, è il risultato dell’affinamento nelle cavità scavate nel tufo; il latte utilizzato può essere ovino, vaccino, caprino oppure misto, a definire una grande varietà di sfumature di aroma e di sapore. Il ventaglio delle tipicità casearie continua con i caprini, prosegue con il casecc’, stagionato in orci di terracotta, con il fresco raviggiolo e con le caciotte.
Tra queste emerge la qualità indiscussa dell’antica Casciotta d’Urbino DOP: amata da Michelangelo, prediletta dalla nobiltà romana, apprezzata da Papa Clemente XIV, la Casciotta fin dal Rinascimento è tra i simboli della città, capolavoro del gusto accanto ai capolavori dell’arte. Preparata con metodi tradizionali, a partire da latte di pecora miscelato con una minore quantità di latte vaccino, la Casciotta stagiona per circa un mese. Le basse forme cilindriche sono ricoperte da una fine crosta paglierina; la pasta, chiara, tenera e grassa, ha sapore dolce e delicato. Non solo latte: l’allevamento è la base per la produzione di ottime carni, da quella di agnello, tanto diffusa nella gastronomia regionale, a quella bovina, rappresentata dall’eccellenza della razza Marchigiana. Tutelata nell’ambito della IGP Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale, questa razza deriva dall’incrocio tra bovini autoctoni e tori di razza Chianina: le sue carni sono tenere ed equilibratamente grasse. Infine il maiale: i Marchigiani si vantano di essere gli inventori della porchetta, specialità diffusa in realtà in tutta l’Italia centrale, ad attestare l’importanza che le carni suine hanno rivestito e rivestono tuttora nella cultura alimentare della Regione. In cucina trovano impiego soprattutto le parti meno nobili del maiale, dalle interiora alle costine, mentre i tagli più pregiati vengono da sempre conservati sotto forma di salumi. In primo luogo i prosciutti: la zona di elezione per questa antica lavorazione è il Montefeltro, terra boscosa, ricca di querce, faggi e castagni, l’ideale per l’alimentazione dei maiali. Ottima per la stagionatura delle carni è invece la posizione di queste alture, aperte agli influssi marini che donano un clima fresco e asciutto.
La capitale storica della norcineria locale è Carpegna, dove fin dal Quattrocento è testimoniata l’arte della salagione delle cosce, allora effettuata con il sale proveniente dalle saline di Cervia. Il prosciutto di Carpegna DOP perpetua questa lunga tradizione e ripropone la morbida dolcezza di fette dal colore rosato e dal profumo rotondo. Nel Montefeltro si può gustare anche un saporito prosciutto aromatizzato, fragrante di aglio, rosmarino e pepe, bagnato con mosto cotto e delicatamente affumicato. Celebre per la produzione di salami è invece Fabriano, da cui provenivano «quei tanto buoni salami» graditi da Garibaldi che, dall’isola di Caprera, ringraziò con queste parole l’amico da cui li aveva ricevuti. Il salame di Fabriano si prepara con tagli scelti, macinati più volte per ottenere una pasta fine, omogenea e inframmezzata dal bianco grasso dei lardelli salati a parte. La tradizione lo vuole asciugato, ma non affumicato, presso la fiamma dei camini, e poi stagionato al fresco. Altre specialità marchigiane sono la soppressata, morbida e profumata, il mazzafegato, chiamato anche “salsiccia matta”, a base di interiora, la coppa di testa, il cui impasto di carni cotte può essere arricchito con noci tritate, pistacchi, mandorle e olive verdi, e il ciarimbolo, fatto con budella bollite con aceto, basilico, alloro e scorza d’arancia. Tra tanti prodotti di carattere si distingue la forte personalità del Ciauscolo, la cui tipicità è stata recentemente riconosciuta dal marchio IGP: dalle province di Ancona, Macerata e Ascoli Piceno proviene questo gustoso salame spalmabile, dalla consistenza cremosa e dal colore roseo, dall’aroma delicato e dal sapore pieno ma gentile. Uno spuntino eccezionale, come dichiarato dal nome, derivato probabilmente dal latino cibusculum, «piccolo cibo».